Andrea Orcel: “UniCredit uscirà da Generali”. Farà lo stesso anche con Mediobanca? E quando?

Andrea Orcel, amministratore delegato di UniCredit, ha dichiarato l’intenzione di abbandonare progressivamente la partecipazione nella compagnia assicurativa Generali, uscendone nel medio termine. Durante il suo intervento alla conferenza annuale dei CEO organizzata da Mediobanca, Orcel ha definito la quota del 6,7% detenuta da UniCredit come un investimento di tipo finanziario, non strategico.
Tuttavia, è difficile non attribuire a questa scelta una valenza più ampia: dichiarare l’uscita da Generali in questa fase equivale a segnare un passo indietro nel confronto tra azionisti e governance della compagnia triestina. Un passo significativo, considerando che a inizio aprile UniCredit aveva sostenuto in assemblea la lista proposta da Francesco Gaetano Caltagirone, criticando implicitamente la continuità rappresentata dall’amministratore delegato Philippe Donnet.
Anche l’influenza esercitata da UniCredit sul consiglio di Mediobanca, che ha portato al rinvio dell’assemblea in cui si sarebbe votata la possibile cessione di Banca Generali, dimostra come la banca guidata da Orcel non sia un soggetto passivo nel risiko bancario italiano. La quota del 4% in Mediobanca, detenuta direttamente e attraverso Generali, continua ad avere un peso. Tuttavia, nella partita più rilevante che si è dato come obiettivo — fare di UniCredit un protagonista di rilievo nel panorama bancario europeo — il manager appare oggi in evidente difficoltà.
Ops su Banco Bpm e il nodo del golden powerL’altra grande partita aperta riguarda Banco Bpm. L’offerta pubblica di scambio annunciata da UniCredit ha sollevato l’attenzione del governo italiano e della Commissione europea, con quest’ultima che ha chiesto chiarimenti sull’applicazione del golden power anche a operazioni tra aziende italiane.
Il governo ha risposto sostenendo che la protezione del risparmio può essere considerata una questione di sicurezza nazionale. E ha precisato che, pur trattandosi di soggetti italiani, l’elevata componente di capitale estero presente nell’azionariato di UniCredit — circa il 60% — giustifica l’eventuale ricorso al golden power.
In questo scenario, Orcel ha fatto sapere che, in assenza di un quadro regolatorio stabile, l’Ops non potrà essere portata avanti. Una posizione netta, che raffredda le aspettative sull’esito dell’operazione.
Un capitale da impiegare e una crescita condizionataUniCredit dispone di circa 10 miliardi di euro di capitale in eccesso. Una riserva che può essere destinata ad acquisizioni strategiche o, in alternativa, a una maggiore distribuzione di dividendi agli azionisti a partire dal 2027.
Nel caso in cui l’operazione su Banco Bpm dovesse fermarsi e non si aprissero nuove strade concrete per impiegare questa risorsa, l’unica opzione percorribile sarebbe un rafforzamento della remunerazione agli investitori. Il che, però, potrebbe segnare una battuta d’arresto per l’ambizione di fare di UniCredit un player paneuropeo.
La situazione di UniCredit non è isolata. Anche altre banche del continente si trovano a operare in contesti nazionali che limitano le possibilità di espansione. L’eccesso di capitale, in questi casi, più che una leva strategica diventa un vincolo operativo.
I limiti del protezionismo bancarioL’orientamento delle autorità italiane, che tendono a proteggere la proprietà domestica degli istituti bancari, riflette un approccio condiviso anche da altri governi europei, come quelli di Germania, Spagna e Portogallo.
Tuttavia, queste scelte si pongono in contrasto con la linea tracciata dalla Banca Centrale Europea e dalla Commissione europea, che puntano su una maggiore integrazione e consolidamento del settore bancario continentale.
Il rischio è che questa logica “nazionale” (o, se vogliamo, “sovranista”) costringa gli istituti a mantenere una dimensione inferiore a quella necessaria per competere in ambito globale, rallentando i progetti di crescita e riducendo i margini per offrire servizi più efficienti e a costi più contenuti.
Il bilancio strategico di Orcel: manovre tattiche e ambizioni irrisolteLa strategia portata avanti da Orcel sembra distinguere chiaramente tra due approcci: da una parte, operazioni tattiche con obiettivi di breve termine – come l’investimento in Generali, ora in dismissione – e dall’altra, progetti più strategici, come l’integrazione con Banco Bpm, ma anche le aperture verso Commerzbank e Alpha Bank, che però si scontrano con limiti politici e istituzionali.
Per il momento, i maggiori risultati sono arrivati dalle iniziative tattiche. Al contrario, i piani industriali di più ampio respiro faticano a trovare un terreno favorevole. In particolare, proprio nella sfida più ambiziosa che Orcel si è assegnato — trasformare UniCredit in un gruppo paneuropeo — emergono evidenti difficoltà.
Resta poi aperto il tema delle partecipazioni residue. Dopo l’uscita da Generali, UniCredit manterrà o dismetterà anche la quota in Mediobanca? E, se sì, in quale tempistica? Prima, durante o dopo un’eventuale operazione su Montepaschi?
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